Casa in affitto e ristrutturazione: quali sono le regole?
Idee per la casa a cura di Anna
Mi sembrava davvero che quella casa ci stesse aspettando.
Perché anche le case aspettano i loro inquilini, sopravvivono anni lontano da noi e poi aprono le loro braccia di porte e di persiane a una giovane coppia, a due scemi che tremano di felicità (Margaret Mazzantini).
Riprendiamo la nostra rubrica sulla casa, partendo da un argomento che da sempre suscita l’interesse di chi vive in affitto e non è pienamente soddisfatto del proprio appartamento: la ristrutturazione.
Innanzitutto è bene fare una piccola distinzione: in alcuni casi è l’inquilino che vuole rinnovare l’appartamento per motivi estetici ed altri in cui è necessario perché scritto nel contratto.
Oggi rispondiamo in particolare a due domande:
- Quali lavori sono obbligato ad eseguire se vivo in un appartamento in affitto?
- Quando posso chiedere al proprietario di provvedere a rinnovare l’appartamento?
Rispondiamo innanzitutto alla prima domanda e analizziamo il caso delle riparazioni che l’inquilino deve sostenere per rispettare il contratto di affitto.
La sezione 535 (1) del codice civile tedesco (BGB_§ 535 Abs. 1 des Bürgerlichen Gesetzbuches) stabilisce che uno degli obblighi principali del proprietario di casa è quello di consegnare l’appartamento in affitto nelle condizioni contrattuali e di garantire che questa condizione sia mantenuta durante il periodo di affitto.
La legge stabilisce quindi che il proprietario è responsabile di tutte le riparazioni nell’appartamento, comprese le cosiddette riparazioni “di bellezza” (Schönheitsreparaturen).
Tuttavia, spesso nel contratto c’è una clausola con cui questo obbligo è trasferito al inquilino.
Di norma, il contratto stabilisce che pareti, soffitti, radiatori, finestre, porte, ecc devono essere verniciati a determinati intervalli di tempo. Inoltre, il proprietario può incaricare l’inquilino di assumersi i costi di piccole riparazioni. La legge non regola quali lavori il proprietario può affidare all’inquilino ma in genere si tratta delle cosiddette riparazioni estetiche:
- Tappezzeria e tinteggiatura di pareti e soffitti;
- Verniciatura dei radiatori e dei tubi del riscaldamento;
- Pulizia della moquette;
- Verniciatura di porte interne, finestre e porte esterne dall’interno;
- Inoltre, sono considerati riparazioni estetiche anche i lavori che devono essere eseguiti in preparazione di altri lavori come, per esempio, la rimozione dei tasselli e la chiusura dei fori.
Tutti gli altri lavori sono a carico del proprietario. Questi includono, ad esempio:
- Levigatura e sigillatura di pavimenti in parquet;
- Rinnovo della moquette consumata;
- Dipingere le finestre e la porta esterna dall’esterno;
- Riparazioni di impianti termici, idraulici ed elettrici.
L’inquilino deve quindi in genere provvedere ad alcuni lavori nell’appartamento, a condizione che nel contratto ci sia una clausola di ristrutturazione valida.
Esistono infatti dei casi in cui pur essendoci nel contratto una clausola, essa non è valida.
Se nel contratto c’è una “Clausola rigida di ristrutturazione” essa è inefficace.
Per esempio se nel contratto c’è scritto: “L’inquilino è obbligato a effettuare riparazioni cosmetiche in cucina, bagno e toilette al massimo ogni tre anni, nei soggiorni e nelle camere da letto ogni cinque anni e nelle stanze adiacenti ogni sette anni“, l’attuale giurisprudenza dice che non è valida, in quanto le scadenze sono cosiddette rigide. Una scadenza rigida obbligherebbe l’inquilino a ristrutturare anche quando non ce n’è bisogno, invece il principio di base è: un inquilino dovrebbe ristrutturare solo quanto ha consumato, pertanto l’obbligo decade.
Se è presente una “Clausola di ristrutturazione flessibile” essa è effettiva.
Secondo il BGH (e cioè il Bundesgerichtshof, la Corte di Cassazione Federale tedesca), le clausole di ristrutturazione sono valide solo se il programma è flessibile, cioè se non contengono scadenze precise, ma espressioni come “in generale”, “se necessario” o “come richiesto”. Un esempio potrebbe essere: “In generale, le riparazioni cosmetiche, se necessario, devono essere eseguite in cucina, bagno e toilette ogni cinque anni, nei soggiorni e nelle camere da letto ogni otto anni e nelle stanze adiacenti ogni dieci anni”.
Dunque è importante sottolineare che, se non si vedono segni di usura nelle camere, non è necessario eseguire lavori di ristrutturazione.
Sempre secondo il BGH, le clausole di ristrutturazione sono valide solo se l’inquilino ha rilevato un appartamento rinnovato all’inizio del contratto di locazione. Il termine “rinnovato” non è definito con precisione: il BGH dice che un appartamento non deve essere completamente ristrutturato; è sufficiente che dia l’impressione generale di un appartamento in ordine, a parte piccoli segni d’uso.
Infatti, se l’appartamento affittato è già stato consegnato in condizioni usurate, anche la clausola di ristrutturazione del contratto di locazione potrebbe non essere valida. Ciò vale soprattutto per gli affitti brevi, perché un inquilino non può essere obbligato a restituire l’appartamento in condizioni migliori rispetto a quando l’ha ricevuto.
Anche quando il contratto prevede che i lavori di ristrutturazione nell’appartamento affittato possono essere eseguiti solo da professionisti, la clausola di riparazione non è valida. Tuttavia, il proprietario può richiedere che il lavoro venga svolto correttamente e professionalmente: non deve accontentarsi di carta da parati messa male o di difetti di verniciatura, per esempio.
Ma cosa succede se l’appartamento è stato consegnato in condizioni usurate? È un caso più complesso ma molto frequente. La Corte federale di giustizia (BGH) ha stabilito che la condizione di usura di riferimento è quella concordata contrattualmente. Quindi, se le condizioni decorative continuano a deteriorarsi nel corso degli anni, il proprietario è obbligato a eseguire riparazioni estetiche. Ma così facendo, l’appartamento dopo la ristrutturazione sarebbe in condizioni migliori rispetto a quanto inizialmente concordato con l’inquilino e il proprietario non è tenuto a garantire una condizione migliore di quella contrattualmente pattuita. Come si risolve allora? Il BGH propone il principio della metà e metà: l’inquilino può quindi richiedere che le riparazioni cosmetiche vengano eseguite, ma in buona fede di solito deve contribuire alla metà dei costi sostenuti dal proprietario. Però questo non è un principio sempre applicabile.
Per rispondere alla seconda domanda (Posso chiedere al proprietario di provvedere a rinnovare l’appartamento?) è bene chiarire che l’inquilino ha il dovere di conservare in buono stato l’appartamento, provvedendo alle riparazioni necessarie, ma può richiedere al proprietario di eseguire e sostenere i costi di una ristrutturazione, a patto che si tratti di motivi di manutenzione e non modernizzazione.
Quali sono le differenze tra manutenzione e modernizzazione?
Di solito si può richiedere la manutenzione di parti difettose o danneggiate dell’appartamento e il proprietario è obbligato a mantenere l’appartamento e la sua fruibilità – per cui l’inquilino paga con il suo affitto (§ 535 BGB).
La modernizzazione invece migliora parti dell’appartamento o l’intero appartamento, per cui non è un diritto dell’inquilino richiederla.
Si tratta di manutenzione, ed è quindi di norma a carico del proprietario, per esempio:
- Nel bagno, le piastrelle si stanno staccando dalle pareti o la vernice della vasca ha delle crepe e la vasca si arrugginisce. Se i difetti diventano tali da non poter utilizzare l’appartamento o da poterlo utilizzare solo in misura molto limitata, il proprietario deve provvedere a ristrutturarlo. Ciò non è valido se l’inquilino ha demolito di proposito i sanitari, per negligenza grave o per uso eccessivo.
- Se moquette, laminato o parquet sono molto rovinati e quasi inutilizzabili l’inquilino può richiedere un rinnovo, a seconda della situazione.
- La manutenzione del riscaldamento è responsabilità del proprietario. Ciò include anche la riparazione dei danni o la riparazione da parte di un artigiano o la sua sostituzione.
Se l’inquilino ha rinnovato, anche se sarebbe stato il lavoro del proprietario, in seguito può chiedere il rimborso delle sue spese al proprietario (BGH VIII ZR 302/07). Questo vale solo per il costo del materiale di lavoro e degli aiutanti pagati. L’inquilino non può farsi rimborsare il proprio lavoro.
La situazione è diversa se l’inquilino ha danneggiato l’appartamento per sua colpa: allora deve riparare il danno di tasca propria. Non può chiedere inoltre al proprietario di rinnovare i difetti che ha già accettato al momento della firma del contratto di locazione.
Si parla di modernizzazione, e quindi difficilmente l’inquilino può chiedere al proprietario di occuparsene, per esempio, nei seguenti casi:
- installazione di riscaldamento centralizzato;
- installazione di videocitofoni e ascensori;
- migliorie dell’isolamento termico dell’edificio.
Anche se l’inquilino non ha fondamentalmente diritto alla modernizzazione, ha diritto a un certo standard minimo, ma è bene comprendere che si tratta di standard elementari. Per esempio,
anche in un vecchio edificio non ristrutturato, la rete elettrica deve essere sufficiente affinché l’inquilino possa accendere contemporaneamente lavatrice e aspirapolvere.
Un’eccezione è possibile solo se il contratto di locazione afferma che l’appartamento è al di sotto dello standard minimo assoluto e l’inquilino lo accetta comunque.
Esiste inoltre la cosiddetta “Tassa di ammodernamento”: secondo la legge, il proprietario può aggiungere fino all’8% dei costi di ammodernamento al canone annuo (§ 559 BGB).
In conclusione, per chi vive in affitto, è bene imparare una semplice “regola”:
La manutenzione è obbligatoria, sia per gli inquilini che per i proprietari;
migliorare solo per rendere più nuovo o più bello, non lo è.
Ciao da Anna.
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